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Intervista a DEBORA PAGANO: quando l’essenza della creatività diventa musica

by Debora Pagano
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A cura di Sara Barone

Nata a Napoli, il 22 Agosto del 1995, da padre siciliano e madre campana, inizia a suonare il pianoforte sin da piccolissima, profilando la sua dote artistica in svariati ambiti, fino alla scelta, maturata con la laurea in Sound Design presso lo IED di Roma, di dedicarsi principalmente alla musica.

E’ da qui, infatti, che Debora fa capolino nelle svariate partecipazioni artistiche di cui gode, dalla scrittura di brani fino ad approdare al Masterclass in Musica e Sound Design tenuta da Morgan e Raffaele Stefani, nonché allo Spring Camp al CET di Mogol.

Una giovane, giovanissima cantautrice, che riceve le sue influenze da diversi suoni e melodie della nostra musica, e che oggi, a poco più di un anno dal suo trasferimento a Milano e dalla sua collaborazione con l’etichetta ‘Nuvole e Sole‘, ha esordito nel panorama del cantautorato con un singolo che, siamo sicuri, non smetteremo mai di riascoltare.

Vi lascio alle sue parole, che, siamo sicuri, vi daranno prova della sua straordinaria dote artistica.

Cantautrice, autrice, musicista, Sound Designer, illustratrice. Passando da Storia e conservazione dei Beni Culturali fino alla laurea in Sound Design allo IED di Roma. Una artista versatile, eclettica, colma di talento ed unica nella sua eccezionale poliedricità. Dovendo scegliere, però, in quale di queste categorie ti identifichi maggiormente? Chi è, in sostanza, l’artista Debora Pagano?

Questa è una domanda estremamente complessa, piena di ‘titoli’ e piena anche di complimenti. Diciamo che racchiude tutte le mie passioni e i miei interessi. Penso che, in generale, il mio percorso artistico, figurativo e musicale, sia stato ed è tutt’ora fondamentale. Ho la fortuna di potermi muovere in più ambiti artistici e questo mi rende più indipendente nel gusto e nelle scelte. Posso creare le mie grafiche autonomamente così come posso realizzare i miei arrangiamenti da sola e scriverne i testi. Poi c’è sempre bisogno di un punto di vista esterno sul mio lavoro, ma tutto questo mi da sicuramente più voce in capitolo. Non saprei definirmi, non ho mai saputo farlo, ma posso identificarmi in una persona che ama l’arte e la musica e che vuole vivere di questo cercando di trasmettere la stessa passione agli altri, mi definisco libera.

Come hai più volte ribadito, la tua musica ed il tuo stile rispecchiano e si ispirano alle sonorità anni 70/80. Quali sono gli elementi che curi maggiormente nelle tue composizioni e quali sono i tuoi artisti di riferimento di quegli anni?

Diciamo che dare uno sguardo al passato, sopratutto oggi, è importantissimo. Musicalmente parlando siamo un’evoluzione di quegli anni che però, secondo me, ha un po’ ha perso la spontaneità e l’impegno..anzi, forse a tratti è un’involuzione. Cerco quindi di dare una mia interpretazione, nei miei limiti, di quello che più amo di quegli anni e l’attenzione la presto a ogni dettaglio dei miei brani, dai suoni in secondo piano, ai Synth e alla voce e annessi effetti… I miei riferimenti sono principalmente David Bowie, Michael Jackson e i Depeche Mode per quanto riguarda le sonorità, mentre per i testi resto comunque più legata al cantautorato italiano: i pilastri portanti della mia vita sono Fabrizio De André, Battiato, Modugno, Tenco, Alice, Giuni Russo, Lucio Dalla, Patty Pravo… tanti, troppi!

Eppure, nonostante le tante influenze musicali, Morgan ha sempre rappresentato un punto fermo per te. Quanta importanza ha avuto nel tuo approdo nel mondo del cantautorato?

Morgan e i Bluvertigo sono per me fondamentali, e credo lo siano per l’intero panorama musicale italiano senza ombra di dubbio, mi hanno cresciuto e formato musicalmente. Morgan è un punto fermo per tanti motivi, tra cui la sua genialità, il suo flusso creativo travolgente e tutto quello che ha da comunicare e insegnare. Ha avuto un’importanza quasi invadente (ironicamente parlando) nel mio approccio al cantautorato, tanti degli artisti che più amo li ho conosciuti grazie e lui e di molti altri ne ho approfondito la conoscenza. Inoltre mi ha insegnato tanto e influenzato molto, e mi considero una privilegiata per l’opportunità di poter imparare da un musicista, un artista, che ad oggi è sicuramente uno dei più preparati in Italia, se non addirittura il più preparato.
Lo considero il mio mentore, maestro.

Sei giovanissima, ma hai un bagaglio di esperienze degno di un veterano della musica italiana. Svariate infatti le tue partecipazioni dal Festival del Cinema di Roma per “Alice Nella Città”, alla masterclass in Musica e Sound Design tenuta da Morgan e Raffaele Stefani, fino allo Spring Camp al CET di Mogol ed alle semifinali nazionali al Tour Music Fest.
C’è una esperienza che ha lasciato maggiormente una impronta sulla tua personalità, artistica e non?

Sono state tante ma velocissime, ognuna di queste esperienze è finita in un attimo purtroppo, e in realtà sono ancora pochissime rispetto a tanti giovani che si lanciano nel mondo dei talent o anche semplicemente in tutto ciò che possa fornire loro una vetrina.
Io, purtroppo, sono troppo timida e non mi sento mai all’altezza.
Credo ci voglia la giusta maturità per ogni tipo di esperienza, io più che alla visibilità ho cercato di puntare sulla mia formazione professionale, su ciò che potesse tornarmi utile. Proprio per questo le esperienze che ho preferito sono state lo Spring Camp al CET di Mogol e la Masterclass in Sound Design, entrambe utili, pratiche. Ho conosciuto persone splendide e visto luoghi molto suggestivi, specialmente la Masterclass tra la Centrale Idroelettrica Taccani e Crespi d’Adda, due luoghi che ho amato moltissimo, e alla stessa centrale ho dedicato l’inedito “Oltre il Fiume”. Inoltre sono anche le due uniche volte in cui mi sono esibita in pubblico, al teatro del CET e sul palco allestito alla Centrale Taccani, quindi hanno davvero lasciato un’impronta indelebile.

Come progetto di tesi hai realizzato “Le donne di Spoon River”, un album intriso di analisi e riferimenti a “Non al denaro, non all’amore né al Cielo” di Fabrizio De André. In sintesi, cosa ci puoi raccontare di tale idea?

E’ stato un lavoro lunghissimo e faticoso, che ancora oggi non considero finito e definito, volevo portarlo all’attenzione di Dori Ghezzi, ma è comunque un album che va limato parecchio e perfezionato prima di vedere la pubblicazione. L’idea è nata dall’esigenza di riportare alla luce un capolavoro e raccontare le storie delle donne dietro agli uomini di cui parla De André nel suo album. Il suo è un album tutto al maschile (anche se in ogni canzone cita comunque almeno una figura femminile), ma l’antologia è formata da 244 epitaffi, anche femminili, quindi mi sembrava giusto omaggiare l’Antologia, le donne e De André a modo mio raccontando le loro storie.

E così, il 22 Marzo è uscito il tuo primo singolo, “Groupie”, interamente scritto e composto da te. Il termine, come tu stessa hai affermato, definisce coloro che sostengono, sfiorando il fanatismo, un personaggio famoso.
Cosa hai voluto raccontare e perché lo hai scelto per il tuo esordio?

Ho voluto raccontare prima di tutto una realtà che conosco molto bene, quando scrivo cerco sempre di parlare di ciò che conosco altrimenti non risulterei credibile, non mi crederei nemmeno io. Ho cercato di raccontare la storia un po’ stereotipata della tipica Groupie in modo ironico ma realista, non come critica ma come constatazione. Ho conosciuto tante Groupies, e io stessa in parte lo sono e questo è il motivo principale per cui ho scelto proprio questa canzone per presentarmi al pubblico, quindi ho voluto aprire un sipario e metterle in scena, mettere in primo piano ciò che di solito è il backstage e allo stesso tempo presentarmi al pubblico come una che ne fa parte e che conosce quelle dinamiche.

Dovendone scegliere tre, quali emozioni meglio descrivono ciò che hai provato quando è stato ufficializzato il tuo disco?

Beh, il disco al momento è ancora in lavorazione, ed essendo io molto meticolosa mi farò attendere. Ho tanti progetti, idee e proposte di collaborazioni, ma sicuramente quando ho messo a fuoco l’idea che finalmente potevo espormi per quello che amo fare ho provato paura, euforia e senso di rivalsa, e sono gli stessi temi che cercherò di comunicare nel mio disco attraverso le canzoni.
Il singolo, tra l’altro, farà parte del tuo primo album di esordio come cantautrice, sempre con l’etichetta discografica ‘Nuvole e Sole’.

Ti aspettavi di arrivare tanto in alto, quando hai intrapreso questa strada?

Come prima cosa, devo proprio ringraziare la mia etichetta per questo, nonché il team con il quale lavoro. Ho inviato mille mail prima di trovare qualcuno davvero interessato a me e che mi lasciasse la libertà artistica di realizzare quello che volevo e come volevo. Per fortuna ci siamo trovati, e non mi aspettavo sicuramente un tale equilibrio artistico-lavorativo. Sarà infatti un album che mi rappresenta al 100% in ogni mio aspetto, dal più ironico al più malinconico. La strada è ancora lunga, e la vetta è ancora lontana, quando salgo un gradino penso già ai tre successivi che dovrò salire. Questo in parte non mi permette di godere pienamente dei risultati, e sicuramente questo album per me è un grande risultato, ma è ancora una partenza e non un arrivo, mi piace pensare che la vetta sia sempre irraggiungibile in modo da mettermi continuamente in discussione e alzare la posta in palio.

Nel privato, invece, per inseguire i tuoi sogni, ormai è tanto che sei partita da Napoli.
Prima Roma, poi Milano. Via dal tuo Sud originario. Quanto sangue Partenopeo e Siciliano è rimasto in te e cosa ti manca maggiormente della tua Terra?

Roma è stata una scelta obbligatoria, poiché mia madre non voleva lasciarmi andare direttamente a Milano per l’università.. diceva che era troppo lontano. I tre anni a Roma li avrei evitati e sarei andata direttamente a studiare a Milano, che è sempre stata la mia città ideale lavorativamente parlando, per rimanerci senza fare tutti i giri e i sacrifici che ho fatto per arrivarci. Però, nonostante non abbia lasciato il mio cuore a Roma, sicuramente l’ho lasciato per tante persone che ho conosciuto in quegli anni, ma non ci tornerei. Torno invece sempre volentieri a Napoli e nella mia Tindari in Sicilia, mi manca il mare, sono figlia del Sud al cento per cento e ne vado fiera. Porto con me sicuramente la praticità del Sud e ovviamente la cucina, ma anche la musica stessa. La canzone nasce a Napoli, ricordiamolo, e in generale tutta la tradizione musicale del sud Italia è anche quella più apprezzata e valorizzata nel mondo, non escludo infatti di poter inserire il dialetto napoletano e siciliano nelle mie canzoni, e anzi ti anticipo che in uno dei brani dell’album ne parlerò anche…
Prima di salutarci, mi preme chiederti.. Quale pensi che sia il futuro della musica, in Italia? Soprattutto, quale consiglio daresti ai giovani che vorrebbero intraprendere la tua medesima strada?

Il futuro della musica, in Italia, credo sia imprevedibile, tutto è veloce e tutto cambia senza che ce ne accorgiamo. La mia può essere più che una predizione una speranza, quella che si guardi al passato traendone il giusto esempio, ma allo stesso tempo bisognerà innovare, sperimentare e non omologarsi al mercato o alle tendenze del momento. Il consiglio, che mi sento di dare a chiunque voglia intraprendere questa strada, è sicuramente quello di studiare. Bisogna faticare tantissimo ed essere preparati e credibili, avere una propria personalità e qualcosa da dire. Sono certa che questo faccia la differenza, c’è troppa superficialità nel voler fare questo mestiere e lo si vede più come un mezzo per il successo che per la propria realizzazione, mentre dovrebbe essere un privilegio poter comunicare e trasmettere qualcosa al pubblico, condividere. La musica non è una questione ‘egoistica’ e non deve esserlo, bisogna sentirne l’esigenza per se stessi e per gli altri, e bisogna farlo donandosi completamente e questo richiede grandi sacrifici.Grazie per questa splendida intervista, le domande erano davvero accurate e curate nel dettaglio. E’ stato un piacere.

SARABARONE.NET

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